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25 Jun 18

NEL 2017 L’EXPORT REGIONALE E’ AUMENTATO DEL 6,4%.  CON LO SVILUPPO DI RAPPORTI DI COLLABORAZIONE E INTEGRAZIONE SI RAFFORZA IL PRESIDIO SIA DEL MERCATO INTERNO CHE DI QUELLI ESTERI.

Tra le specializzazioni dell’area – rimarca il Presidente di Confindustria Umbria, Antonio Alunni – oltre al famoso distretto del cashmere e in generale al tessile e abbigliamento, vi sono meccanica, chimica, agroalimentare, biomedicale, grafica, e cartotecnica.

Nel nostro sito diamo voce a tutti i vertici delle associazioni territoriali di Confindustria, in concomitanza con gli appuntamenti del road show per promuovere il progetto Elite organizzato dalla Confederazione.

Quali sono i punti di forza del vostro tessuto imprenditoriale?
Le aziende che stanno andando meglio sono quelle che da oltre dieci anni hanno aperto il loro scenario sui mercati internazionali, cogliendo quelle nicchie di prodotto a maggior valore aggiunto che consentono loro di poter meglio esprimere potenzialità e capacità. Accanto all’internazionalizzazione, c’è sicuramente la capacità delle imprese umbre di coniugare un radicato patrimonio manifatturiero e artigianale con l’innovazione di processo e di prodotto. Pensando alla digitalizzazione, Confindustria Umbria ha avviato, per prima in Italia, il Digital Innovation Hub, lo strumento con cui andare a promuovere le iniziative e a sensibilizzare le imprese sulla necessità di innovare attraverso tutte le tecnologie abilitanti, mettendo in condizione le persone di poterle utilizzare. Tutto questo sta creando quel rapporto virtuoso di scambio tra mondo dell’impresa e mondo della formazione, della scuola e della ricerca, che rappresenta un tema prioritario.
Quante sono le aziende e gli addetti?
In Umbria le aziende manifatturiere sono circa 10 mila con più di 85 mila addetti.
Quali sono le specializzazioni del territorio?
La regione può contare su una varietà di settori invidiabile: dalla meccanica (aerospazio, automotive, di precisione) alla chimica, passando per l’agroalimentare, il biomedicale, la grafica e cartotecnica fino al tessile-abbigliamento. Le produzioni del distretto umbro del cashmere sono note a livello internazionale.  In tutti questi settori abbiamo molte aziende che stanno crescendo in termini di investimenti significativi, di capitale, di incremento occupazionale.  
Cosa vorreste fare per essere un ecosistema sempre più solido e competitivo?
Confindustria Umbria si è data un obiettivo ambizioso: reindustrializzare e rendere l’Umbria la regione più business friendly d’Italia.
Si tratta di concretizzare interventi coerenti su alcune leve fondamentali come la formazione di risorse umane adeguate a una industria competitiva a livello globale e come la diminuzione dei vincoli amministrativi attraverso un sistema della regolamentazione delle attività industriali e di impresa che sia il più efficiente possibile, capace di coniugare cioè il rispetto delle regole con bassi costi e tempi amministrativi certi. D’altro canto, dobbiamo continuare a investire sul capitale umano, sulla ricerca, sulla scuola: la cultura è il motore del cambiamento e lo strumento che ci permette di vivere la modernità come una sfida e senza i timori che l’accompagnano.

Quali sono, secondo lei, i principali ostacoli alla crescita delle piccole e medie aziende?
Certamente la difficoltà a creare ecosistemi virtuosi per l’innovazione e la ricerca.  Le imprese che vogliono aprirsi a un mercato globale non possono che avere una strategia di crescita dimensionale. A tal proposito non dobbiamo dimenticare che l’attività delle multinazionali e delle grande imprese può fungere da traino per la crescita delle pmi del territorio.
Quanta familiarità hanno le aziende del territorio relativamente al mercato dei capitali inteso come alternativa al finanziamento bancario?
Ad oggi, ancora non sufficiente. Le emissioni di strumenti di debito e le quotazioni rappresentano ancora una eccezione.
Confindustria Umbria sta portando avanti un lavoro di sensibilizzazione delle imprese orientato, oltre che a considerare gli aspetti di convenienza economica, anche a valorizzare i benefici formali di un’attenuazione del “bancocentrismo”, a favore di strumenti alternativi.

Le aziende, secondo lei, sono pronte al cambiamento e ad aprirsi al mercato aderendo al progetto ELITE?
In questo senso, abbiamo segnali di positivo interesse da parte delle imprese. Già oggi il numero delle imprese umbre che aderiscono al percorso ELITE è in linea - in termini percentuali – con la media nazionale. Siamo consapevoli di dover fare ancora molto di più per stimolare le imprese ad aprirsi a forme di finanziamento diverse dal credito bancario tradizionale, che possono rappresentare una corsia preferenziale per la crescita. Elite rappresenta un’opportunità per far affluire maggiore liquidità alle aziende e accompagnarle nella crescita dimensionale.
Le aziende del territorio si stanno internazionalizzando?
Nel 2017 l’export regionale è cresciuto del 6,4%. La questione dimensionale rappresenta un limite anche per l’export.  Per questo abbiamo avvertito la necessità di sviluppare rapporti di collaborazione e integrazione tra imprese per accrescere la loro capacità di presidiare sia il mercato interno che quelli esteri. Se consideriamo le agglomerazioni che si sono costruite intorno alle medie e grandi imprese notiamo una netta ripresa dell’export, un recupero del fatturato e buone prospettive per il 2018.
Quali sono i fattori che hanno consentito di farlo e quali sono quelli che permettono di farlo di più?
In questi anni Confindustria Umbria si è impegnata a stimolare ed accompagnare le imprese nei processi di internazionalizzazione.
Per il futuro la nostra idea è di aggregare le eccellenze esistenti per generarne di nuove. A tal fine è molto importante valorizzare il ruolo delle 35 imprese multinazionali industriali a capitale straniero presenti in regione, che costituiscono un riferimento manageriale imprescindibile per il resto del tessuto industriale. Stiamo lavorando in Confindustria per farne davvero il perno dello sviluppo futuro, e siamo certi che dalla loro valorizzazione e messa a sistema deriverà un potente stimolo alla crescita dell’Umbria.