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Intervista a Giulio Ferretti, Head of Marketing and Communication di CEFRIEL, società fondata 30 anni fa da università e aziende per avvicinare il mondo dell'impresa a quello della formazione e della ricerca.
Risulta sempre più difficile per le aziende sopravvivere sul mercato moderno senza una chiara strategia di innovazione. Cosa bisogna "innescare" per far si che un'organizzazione sia costantemente orientata allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi?
L’innovazione non è più confinabile nell’ufficio tecnico o nel laboratorio di ricerca e sviluppo. Nelle società di successo il tema dell’innovazione è sul tavolo dell’Amministratore Delegato e viene affrontato in modo olistico con azioni coerenti su quattro direttrici: cultura aziendale, competenze digitali, tecnologie e gestione e analisi dei dati. Il management ha una grande responsabilità, da un lato nel depotenziare le logiche che frenano le sperimentazioni (avversione al rischio), dall’altro nel saper governare in modo ordinato un portafoglio coerente di iniziative con diversi livelli di rischio.
Si parla sempre di più di “digital inside”. In base alla vostra esperienza, è possibile identificare dei trend di cambiamento del mercato sia nell'offerta di prodotti che di servizi innovativi (es. CRM, personalizzazione, velocità di consegna e/o erogazione)?
Più che “digital inside” parlerei di “pervasive digital”. Il digitale è dappertutto, tocca ogni prodotto e ogni processo e abilita gran parte delle esperienze che a prima vista sembrano molto “fisiche”. Dal nostro punto di vista, il trend che ha in assoluto l’impatto più forte nelle dinamiche competitive di tutti i mercati è quello dell’innalzamento di tutti gli indicatori di qualità attesi dai clienti. A prima vista non sembra una cosa nuova né “digitale”, eppure è proprio il digitale che dà inizio al trend, sono i giganti digitali ad abituarci sia come consumatori finali sia come decisori aziendali, a prodotti e servizi sempre efficaci. Come si dice, “they set the bar”, alzano l’asticella, potenzialmente mandando fuori mercato intere filiere. Tutto questo grazie ad una cultura aziendale che favorisce l’innovazione e a economie di scala possibili perché configurate sin dalla nascita come società “digital first”.
Che ruolo ha il digitale nell'impresa del futuro, dall'organizzazione interna al rapporto con i clienti?
Per quanto detto, il digitale non ha un ruolo nell’impresa del futuro, è l’impresa del futuro che è digitale. Le imprese devono avere un “sistema operativo”, proprio come i computer. Noi vediamo questo sistema operativo come un fiore a quattro petali: al centro c’è l’intelligenza, cioè le capacità di raccolta e analisi dei dati, con i sistemi di supporto alle decisioni; il primo petalo è l’insieme dei sistemi di contatto con i clienti, che vanno ben al di là dei siti e del CRM; il secondo è il mondo delle “cose” connesse, i prodotti stessi o i sistemi produttivi; il terzo petalo è l’insieme delle configurazioni di relazioni digitali che vanno sotto il nome di “piattaforme” o “ecosistemi” in cui l’azienda è collegata con i propri partner o altre società della filiera o del mondo finanziario secondo paradigmi innovativi e real-time; l’ultimo è il mondo dell’ICT aziendale, che abilita i processi ed ha gli impiegati come “clienti”.
Quali sono le tecnologie e i processi innovativi maggiormente applicati nell'industria manifatturiera odierna? E quali gli ambiti in cui le aziende ancora stentano ad introdurre l'IoT?
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un netto aumento degli investimenti in ambito manifatturiero. Benché questo sia un dato assolutamente positivo per la competitività delle imprese, spesso questo è risultato nell’acquisto di macchinari più performanti, non necessariamente più “intelligenti”. L’innovazione, cioè, arriva dal fornitore, che, necessariamente, persegue logiche di evoluzione di prodotto trasversali, che portano benefici all'azienda in questione, così come al suo competitor che compra la stessa macchina. Ancora non sono molte la aziende che fanno il cambio di passo e scelgono di gestire attivamente l’innovazione costruendola su di sé e sulla propria strategia. In generale, i primi interventi trasversali alla fabbrica riguardano il mettere in rete i macchinari, registrare in modo automatico e tempestivo dati che prima erano raccolti a mano, abilitando decisioni più rapide e informate, con un impatto positivo sui tipici KPI di produzione: difettosità, tempi di fermo macchina, costi per manutenzione etc. L’IoT quindi arriva nei macchinari. Per il tipo di produzioni fatte in Italia è più complesso far arrivare l’IoT nei prodotti, anche se è qui che ci sarebbe maggior spazio per un’innovazione più dirompente. Un prodotto connesso abilita nuove forme di relazione con il cliente finale, che spesso è uno sconosciuto per le aziende produttrici per via dell’intermediazione di grossisti, distributori o installatori.
Qual è l'approccio corretto per attuare la trasformazione digitale e quale valore può portare?
Come accennato, la trasformazione digitale è un passo strategico fondamentale per le aziende. Deve essere gestita da persone con visione di business e con il mandato diretto e il coinvolgimento dei massimi livelli aziendali; non può essere delegata ai “tecnici”. Detto questo, non esiste una formula valida per tutte le aziende e tutti i settori. Se poi non si è confidenti delle competenze interne o della qualità della visione sul futuro è bene farsi aiutare da società esterne specializzate. Nello sceglierle però, per quanto detto, è meglio diffidare di chi ha la “formula pronta”.
Che importanza ha la formazione delle risorse umane nel mantenere competitiva un'azienda?
Punto dolente di buona parte della cultura aziendale italiana. Le risorse si assumono formate e questa formazione vale per sempre. Se serve, si fa fare qualche “corso breve” per fare il cosiddetto “reskilling” delle risorse: niente di più lontano da ciò che serve davvero. Ormai le dinamiche economiche, tecnologiche e competitive hanno ritmi tali da rendere il percorso di formazione non più confinabile nel periodo pre-primo-impiego. “Prima studi, poi lavori” non funziona più. Viviamo nel mondo del continuous learning e siamo ancora in ricerca di modelli veramente efficaci per sostenerlo, sia lato domanda sia lato offerta. Come Cefriel vediamo grandi potenzialità, e risultati interessanti, nella commistione tra approcci progettuali congiunti con partner esterni capaci di portare strumenti e metodi nuovi e momenti formativi più tradizionali. Le keyword? Project-based learning, coaching on the job…
La ricerca può essere troppo costosa per una singola realtà aziendale, ma necessaria per essere competitivi. È possibile appoggiarsi alle università per sviluppare sinergie?
Molte aziende lo fanno, tipicamente quelle più grandi, che hanno cicli di R&D più lenti. Le medie imprese hanno fretta e spesso le università non sono configurate per portare risultati con la rapidità attesa. Realtà come Cefriel possono aiutare nel creare il giusto cardine tra aziende e università, prendendosi carico di attività che sono di minore interesse per i dipartimenti universitari (che renderebbero quindi la relazione meno “interessante” o prioritaria per questi) e attingendo invece alle eccellenze dell’accademia su sfide molto focalizzate che aiutiamo a identificare e a sottoporre ai docenti o ricercatori più adatti.
Qual è la peculiarità dei vostri servizi e quali sono le strategie di crescita e le sfide che state affrontando?
Noi agiamo in modo interdisciplinare, con un focus primario sulle tecnologie digitali, ma con le competenze per coprire tematiche che vanno dal design alla strategia al miglioramento dei processi. Partiamo sempre da un’analisi dell’esistente e dei piani di sviluppo, per essere certi di proporre attività che portino reale beneficio. Operiamo secondo 10 Lines of Service, tra cui Strategy, Analytics, IoT, Information Securit La nostra crescita è trainata specialmente dall’area internazionale, ma ci siamo posti la sfida di far camminare il mercato domestico di pari passo, benché, si sa, gli investimenti in innovazione in Italia hanno tutt’altra dimensione rispetto agli USA. Un’altra sfida in cui crediamo è quella di far diventare il nostro laboratorio di Intelligenza Artificiale una nuova Linea di Servizio. Su questo tema, se qualcuno che ci legge ha qualche challenge da sottoporci, si faccia avanti....